IRENE GHIOTTO, Intervista by Error

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Vincenzo Magnusson
view post Posted on 13/3/2016, 18:03 by: Vincenzo Magnusson     +3   +1   -1

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Irene-Ghiotto



Innanzitutto, grazie per aver accettato di sottoporti a questa intervista.

Grazie a te di avermi invitata.


Partiamo dal principio. Come e quando ti sei avvicinata alla musica? Qual è stata la tua formazione musicale?

Ho cominciato ad interessarmi di musica sin da quando ero molto piccola, però come ascoltatrice. In casa avevo un sacco di dischi, di vinili, di musicassette, quindi in casa mia di musica se n'è ascoltata sempre tanta. Durante l'adolescenza ho iniziato a praticarla, quindi avevo una chitarra classica perché mia madre la strimpellava sempre. Io ho iniziato proprio ad accompagnarmi così, imparando da autodidatta. E da lì poi la passione è diventata sempre più forte, quindi ho iniziato ad entrare in qualche gruppo, in qualche band, di quelle classiche, scolastiche, adolescenziali. Suonavo il basso. Poi ho iniziato anche a cantare ed ho preso lezioni di canto per la prima volta a 17 anni. Fondamentalmente sono un'autodidatta dal punto di vista strumentale. In breve l'evoluzione è avvenuta iniziando a scrivere in italiano per poi portare i miei pezzi con un gruppo che si chiama "Pensiero Zero", ossia il mio primo gruppo musicale, indipendente. Successivamente le cose sono cambiate. Ho scelto di suonare da sola, scrivere i miei pezzi, produrmeli e sono arrivata sin qui, con tutte le esperienze che ci sono state nel mezzo.


La tua prima apparizione in tv è avvenuta nel 2011, partecipando al talent musicale "Star Academy". Che esperienza è stata e cosa pensi dei talent show in generale?

L'esperienza di Star Academy è stata personalmente e umanamente molto profonda e bella. Per quanto mi riguarda era la prima volta che provavo a fare un'esperienza così grande come quella di una diretta in tv. Purtroppo, come ben sapete, questo programma è stato chiuso prematuramente perché la Rai ha deciso di bloccarlo. Ufficialmente per mancanza di ascolti ma, secondo me, le ragioni sono state diverse, più profonde. Ed è stato un vero peccato non poter sfruttare al meglio questa esperienza. I talent sono un'occasione che una persona non si aspetterebbe mai che possa capitare, e penso di parlare anche per tutti gli altri partecipanti. Comunque è stata un'esperienza formativa. Ho imparato ad esibirmi con un tacco dodici, a camminare e a muovermi sul palco con disinvoltura e a reggere la pressione di una diretta televisiva. Questo mi ha aiutato tantissimo anche per l'esperienza che poi ho fatto a Sanremo. Ho partecipato a questo talent perché avevo caricato un mio video di una cover sul sito della Rai, nella sezione degli spettacoli, quindi sono stata contattata dagli autori di Star Academy. Non mi sono proposta personalmente ai provini ma sono stata chiamata, quindi è stato un percorso un pò particolare. Tuttavia credo che il talent possa essere sfruttato come promozione del proprio talento e della propria musica. Non sono contraria a priori ai talent. Sono degli spettacoli molto belli da vedere per il pubblico. Chiaramente, analizzando nello specifico le conseguenze di questo processo di modificazione e del modo di vivere e di scrivere la musica, allora lì ci sono delle critiche da fare. Però bisognerebbe aprire una parentesi, dovremmo stare qui a parlarne per due ore. Comunque io ho partecipato ad un talent, mi sono divertita, mi è piaciuto, mi piace cantare cover, e penso che se uno ha qualcosa da dire ed ha la propria musica da portare avanti, lo spettacolo del talent show sia comunque una bella vetrina per chi vuole fare musica. Ovviamente deve esserci della sostanza.


Dopo due tentativi avvenuti negli anni precedenti, grazie al percorso di Area Sanremo, nel 2013 hai avuto l'occasione di partecipare al Festival di Sanremo nella categoria “Nuove proposte” con il brano ''Baciami?''. Raccontaci la tua esperienza.

L'esperienza è stata molto forte. Ti trovi a fare un sacco di audizioni, con molte persone che vi partecipano che sono molto brave e competenti, che ho conosciuto e con cui intrattengo ancora delle forti amicizie. Quindi devi confrontarti con gli altri e devi tirar fuori tutto quello che hai, il massimo delle possibilità espressive, umane e professionali. Ho un bellissimo ricordo di quel periodo, perché ho vissuto quell'esperienza in maniera serena. Per la prima volta in vita mia non avevo fatto i conti con quello che sarebbe potuto succedere se mi avessero presa. L'ho fatto per farlo, per inglobare dentro di me quell'esperienza. La speranza di poter fare il Festival c'è sempre, altrimenti uno neanche si propone. In realtà ero serena e l'aver abbassato un po' le aspettative di quello che sarebbe potuto succedere ha aiutato tanto, perché non avevo paletti né umani, né psicologici, né artistici. Ho proposto quello che volevo senza che ci fossero di mezzo degli ostacoli e questo probabilmente è anche stato recepito dal pubblico. Inoltre essere andata a cantare su quel palco è un'esperienza che mi porterò sempre dentro. E' una cosa che non dimenticherò mai di aver fatto. Un'esperienza che mi ha fatto provare un sacco di terrore, ma dopo averla fatta e superata mi ha dato la forza di dire che ce l'ho fatta, che posso andare avanti, dandomi la speranza che cantare possa davvero essere il mio lavoro, la mia strada.


Sempre parlando del brano "Baciami?" hai dichiarato che durante la penultima audizione di Area Sanremo, la giuria ti aveva comunicato di non gradire il ritornello proposto. Poi, sul treno, hai scritto di getto il nuovo ritornello e sappiamo com'è andata a finire. Sei sempre riuscita a reagire positivamente alle critiche ricevute durante la tua carriera musicale?

Mi piacerebbe rispondere sì, ma non è sempre stato così. Ci sono state delle critiche che mi hanno provocato rabbia e dolore facendomi sedere su me stessa. Dipende come sei predisposto nei confronti della critica ma, soprattutto, anche l'impressione che hai di chi ti critica. Se dietro quella critica ricevuta c'è un po' di amore e ti sembra possa essere fatta per il tuo bene è sicuramente utile. Non credo molto nella critica costruttiva, ossia credo che per principio la critica distrugga qualche certezza e sei tu cantante che costruisci da quella critica. Successivamente ho scoperto che anche ad altri partecipanti erano state mosse altre critiche, ad esempio cambia la strofa, cambia il ritornello ecc. Tre anni fa quella commissione di Area Sanremo era abbastanza attenta anche alla parte formativa degli interpreti e dei cantautori, ed è sicuramente una cosa positiva. Piuttosto di dire sì o no oppure pollice alto o pollice basso, se non altro con quei commenti potevi tornare a casa con qualcosa su cui lavorare, anche in caso di esito negativo. Perciò tanti hanno ricevuto questo tipo di considerazioni e bisognava scegliere se metterle in atto, dimostrando di avere anche la capacità di cambiare idea, oppure dimostrare forza e restare con la propria idea originale. Credo che questo sia il dilemma di tutti. In questo specifico caso ho scelto di provare a cambiare in quanto mi rendevo conto di avere una canzone con un bel potenziale ma con un ritornello che ammetto di aver curato poco, perché mi ero fidata troppo della mia idea senza analizzarla da fuori. Quando ho capito che poteva essere migliorata ho accettato la critica ed ho cambiato il ritornello. Un bel rischio perché potevo anche peggiorarlo ma non è stato così.


Nel 2015 hai collaborato insieme a Fabio Cinti, fondando un nuovo progetto musicale intitolato "Marvis". Com'è nata questa collaborazione e parlaci di questo progetto.

Io e Fabio ci siamo conosciuti tre anni fa per via di un amico comune, Carlo Carcano, che è stato il produttore artistico del mio primo Ep "Irene Ghiotto". Fabio aveva il desiderio di costruire un progetto di musica in lingua inglese, che potesse andare a scalfire e allargare i confini del cantautorato italiano. Quindi avere una musica più internazionale sia come produzione che come scrittura. Ci siamo conosciuti proprio in quel periodo in cui lui voleva realizzare questo progetto e abbiamo coscritto questi pezzi che poi sono andati a finire nel disco che è uscito e che uscirà anche adesso nei digital store. E' stata una collaborazione fruttuosa perché entrambi ci siamo "costretti" ad uscire dai nostri canoni per abbracciare anche le capacità e la predisposizione dell'altro. E' difficile scrivere insieme ad altri se non sei abituato a farlo. Devi saper mediare, devi saper cambiare idea e avere amore nei confronti delle idee altrui. Questa esperienza mi ha insegnato tantissimo anche per poi riportare quello che ho fatto nelle esperienze che farò da solista.


Alcuni mesi fa hai partecipato al Premio Bianca D'Aponte riscuotendo grande successo. Con il brano "La filastrocca della sera" non solo hai vinto l'XI edizione di questo ambito premio, ma anche la targa "Miglior composizione" e il premio "Musica e Dintorni". Raccontaci di questa importante esperienza e che significato ha per te questo premio che è rivolto a sole cantautrici donne?

La soddisfazione più grande che ho avuto è stata quella di essere inserita all'interno di un contesto in cui la musica d'autore assume una grandissima importanza e,soprattutto, la musica del cantautorato femminile. Le donne hanno un modo particolare di scrivere perché la sensibilità femminile ha un suo tocco, un suo dono, pur nelle differenze soggettive. L'esperienza è stata bella nonostante fossimo tutte donne. Sai le donne hanno un carattere forte, si usa anche l'espressione “prime donne” ma, in realtà, siamo state molto collaborative e con alcune ragazze ho instaurato un'amicizia che dura nel tempo. Ad esempio con Giulia Olivari, che è una cantautrice di Bologna, ho suonato a febbraio al "Bravo Caffè" che è un locale di Bologna. In quell'occasione lei stava presentando il suo Ep e io sono andata a suonare i miei pezzi nella sua serata. La cosa positiva è quella di aver incontrato dei talenti con i quali proseguire delle collaborazioni. L'ambiente è stato stupendo grazie a Gaetano D'Aponte e alla moglie, i quali portano avanti questo progetto con molta forza ed energia, infondendo energia positiva a tutte noi partecipanti. Ovviamente non mi aspettavo di portarmi a casa tre premi, sinceramente. Già per indole parto sempre con la coda bassa e non mi aspettavo di vincere, figurati di vincere tre premi. Quella è la sensazione massima. In generale, per quanto riguarda il contesto, anche se non avessi vinto sarebbe stata comunque un'esperienza molto positiva, quindi bravi agli organizzatori.


Dopo il tuo EP "Irene Ghiotto" pubblicato nel 2013, il 22 gennaio di quest'anno è uscito il tuo primo disco "Pop simpatico con venature tragiche". Come mai questo titolo?

Il titolo è didascalico. Racconta quello che uno va ad ascoltare. Infatti, i brani si alternano e sono una specie di doppia faccia di un'unica medaglia. Da una parte c'è il pop simpatico dove evince la forza della ritmica e della melodia, dall'altra parte ci sono dei pezzi abbastanza forti, riflessivi e intimi. E' un titolo provvisorio che avevo dato ai miei pezzi e al progetto che riguardava il mio disco e, con il passare del tempo, mi sono affezionata a quest'espressione riferendola al mio progetto, tra me e me. Allora ho pensato che questo titolo merita di essere portato alla luce, che tutti possano chiamare così questi brani. Perciò i brani hanno questa doppia anima: la tragicità e la simpatia. Questo tragicomico su cui va a bilanciarsi l'emozione.


Tutto ciò che hai detto viene sottolineato anche dalla copertina del disco, giusto?

Si, è vero. Quella copertina lì è stata creata con un lavoro di glitch art, cioè l'immagine è stata processata attraverso "Audacity", un programma di editing e di file audio. Quindi quella distorsione della faccia è una traccia della mia voce che è stata inserita all'interno della mia immagine. Trovo che sia un'idea bellissima e non smetterò mai di ringraziare coloro che l'hanno ideata e costruita. La copertina rende l'idea di quello che io ho scritto nel mio album ed è molto coerente con il mio mondo.


Ascoltando questo disco notiamo che le canzoni presenti nell'album, 10 in totale, sono costruite da sole utilizzando la loop station. Come mai questa scelta? Ti sei ispirata a qualche artista in particolare?

Innanzitutto la loop station la usano in tanti da diverso tempo, soprattutto dal vivo è fin troppo usata e ormai siamo saturi di loop station. Ho comunque fatto questa scelta perché mi interessava produrre ed arrangiare da sola i pezzi, quindi riuscire a farli di persona, con il mio corpo. Ad esempio quello che potrebbe essere stato suonato da un batterista è stato fatto con uno schiocco di dita, utilizzando la bocca, i denti, il soffio. Ho preso il principio del loop ritmico per costruire degli arrangiamenti che poi sono anche più complessi di quello che potresti fare semplicemente con la loop station stessa. Ci sono tantissimi artisti, anche non italiani, che lavorano con la loop station, ma mi sembrava originale prendere quel meccanismo per costruire tutti i pezzi e far si che il mio corpo sia lo scheletro ritmico dei miei brani. Il principio è quello che le canzoni dovevano essere suonate da me, dal mio corpo. E' personale, quei brani parlano di me. Ascoltate i miei brani e sono proprio io, in tutti i sensi.


Come tu stessa hai appena dichiarato, molti artisti usano la loop station per i loro live. Tu, invece, puoi anche utilizzare la loop station ma non sei sola sul palco, esatto?

Esatto. Ho fatto la scelta di portare nei live altre 4 persone: tre coriste e una violoncellista. Il disco è costruito su una struttura corale. Ci sono tantissimi cori e armonizzazioni. Mi piaceva l'idea di costruire ogni volta, anche perché dopo due/tre brani eseguiti utilizzando la loop station diventa anche un po' pesante l'ascolto. Invece, se hai una vera interazione, reale, fisica e quando ci sono più persone che interagiscono su quel palco, si crea sempre quel qualcosa di magico. Ho fatto questa scelta, anche se coraggiosa in quanto i cachet che puoi chiedere sono ovviamente ridotti. Perciò scegli di portare uno spettacolo molto bello facendo dei sacrifici economici. Però va bene, perché sono più interessata al risultato e all'emozione da trasmettere al pubblico rispetto a tutto il resto e riscontro che questa cosa sia gradita dal pubblico stesso.


Oltre alla musica, hai dichiarato che stai scrivendo un "libricino" intitolato "Manuale tascabile per cantanti indisciplinati". Ti va di svelarci qualcosa a riguardo?

Sì. Sono dieci anni che insegno canto ed è un percorso parallelo a quello della composizione. Ci sono degli interscambi tra le due cose, perché lavorare con gli altri sulla voce, sulle canzoni e suonare ogni giorno ti porta ad avere un sacco di feedback rispetto alle cose che fai tu. E lavorando con tanti cantanti diversi ogni anno ho capito che avevo la necessità di provare a scrivere, in un libricino molto piccolo, alcuni consigli veramente pratici e anche simpatici rispetto ai possibili problemi che un cantante giovane e inesperto può riscontrare volendosi approcciare anche da autodidatta. La tecnica vocale serve soprattutto per guidare la voce in modo da non farsi male, però bisogna stare attenti a bilanciare bene ciò che è igienicamente importante da fare per la voce, ma far si che sia anche bello a livello espressivo. Spesso i cantanti hanno due piedi in due scarpe diverse e non sanno bene che strada prendere. Quindi ho pensato di scrivere questo manualetto che spero venga pubblicato presto. E' molto breve ed è una lettura da bagno, come spesso lo definisco, nel senso che si può benissimo leggere un capitolo oggi e un capitolo tra una settimana. Ed è un invito a prendere la propria voce sul serio e, nel caso di un'autodidatta, l'invito è quello di assumersi la responsabilità di quello che si sta facendo e cercare di essere coscienti dei propri mezzi e delle proprie capacità.


Quali sono i tuoi progetti futuri?

Nel futuro imminente è suonare tanto. Adesso sto ampliando il mio calendario di date, infatti uscirà il banner di facebook, e sul sito una serie di date nuove. Per la prima volta riesco a venire anche al sud. Io sono veneta, l'Italia è lunghissima e ci sarà un bel pò di strada da fare. Inoltre devo girare il video del secondo singolo che uscirà a breve. Quindi fino all'estate di quest'anno sarò al lavoro con tante novità. Poi ho iniziato anche a scrivere, seppur l'abbia sempre fatto anche mentre registravo, ma adesso ho iniziato a farlo pesantemente in vista del nuovo disco. Immagino di non aspettare altri tre anni per il prossimo album.


Questo è un giochino che proponiamo ai nostri intervistati, se vogliono. Ti va di farlo per farti conoscere meglio dai nostri utenti attraverso la musica?

- Una canzone dal tuo album preferito: “Laura Mvula - Sing to the Moon” (dall'Album "Sing to the Moon")
- Una canzone che ti commuove: “Eddie Vedder - Society”
- Una canzone che ti fa ballare: “James Brown - I Feel Good” (Vado sul classico, ma quando ascolto questa canzone non riesco a tenermi ferma)
- Una canzone che ti aiuta a dormire: “Damien Jurado - Silver Timothy”
- Una canzone che ti ricorda un posto: “Lene Marlin - Unforgivable Sinner” (Mi ricorda un luogo sia mentale che fisico che è la scuola. Mi ricorda la mia adolescenza)
- Una canzone che ti descrive: “Max Gazzè - Cara Valentina”
- Una canzone della tua infanzia: “Marco Masini - Ci vorrebbe il mare” e “883 - Nessun rimpianto” (Non avrei mai pensato di rispondere con queste due canzoni. Sono i pezzi che ascoltava mia madre e quindi li associo alla mia infanzia. Fondamentalmente sei soggetto al gusto musicale della tua famiglia e di quello che ti fanno ascoltare gli altri. Ormai non seguo più questi due cantautori, pur sapendo che hanno avuto e che hanno ancora una splendida carriera però, se fossi stata adulta all'epoca non so se mi sarebbero piaciuti. Da bambina mi piacevano, forse perché era già presente in me quel lato tragico che ho descritto nel mio ultimo disco, che mi fa amare anche le cose tristi, profonde e generazionali.)


Grazie per la tua disponibilità, e in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti

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3 replies since 13/3/2016, 18:03   82 views
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